di Kathryn Bigelow
con Jessica Chastain, Jason Clark, Joel Edgerton, Jennifer Ehle, Mark Strong, Kyle Chandler; Origine: USA, 2012; Durata: 157′
Dal giorno dell’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, Osama bin Laden e il suo gruppo di talebani diventano il nemico numero uno del governo degli Stati Uniti. Per dieci lunghissimi anni, contraddistinti da avvistamenti, depistaggi e panico per l’eventualità di altri attentati, Maya e i colleghi agenti speciali della Cia, con l’aiuto delle forze dei Navy Seals, hanno il compito di rintracciarlo e consegnarlo al Paese, vivo o morto e a rischio delle loro stesse vite.
La qualità più apprezzabile del nuovo cinema politico di Kathryn Bigelow è una coraggiosa sincerità dello sguardo. La regista non ha paura delle critiche potenziali e non ha alcun interesse verso il politically correct. Questa precisa scelta di campo non significa che il suo approccio sia unidimensionale. Zero Dark Thirty conferma che i suoi film hanno una struttura frammentata che piega la generalità dell’evento che viene narrato alla particolarità della prospettiva della protagonista. The Hurt Locker era un esempio lampante di questa nuova visione del cinema bellico: la guerra in Iraq era soltanto un mestiere per lo sminatore Jeremy Renner. La sua dedizione al dovere era la necessità di soddisfare l’insaziabile dipendenza dalle emozioni forti delle sue missioni. La cronaca di questo processo non aveva mai tenuto conto della distinzione tra i buoni e i cattivi come escludeva le fazioni dei pacifisti e dei guerrafondai. Zero Dark Thirty potrebbe rinnovare le polemiche su un presunto razzismo di Kathryn Bigelow: i terroristi arabi che vengono catturati non hanno una dignità umana e i metodi di tortura sono considerati legittimi. La caratteristica più spregevole del film è il suo eclatante punto di forza e la propone come un caso unico nel panorama del cinema di genere: la macchina da presa si annulla completamente e serve la soggettività dell’eroe. Il cinema di Kathryn Bigelow ha assorbito nel modo più efficace l’esperienza di un giornalista embedded come Mark Boal. L’elemento più rilevante del film è l’ostinazione con cui si appattisce sull’orizzonte di Jessica Chastain: la lunga caccia all’uomo non ha uno schema preciso e il suo successo è abbastanza casuale. Il copione tiene fede a questa mancanza di coerenza narrativa e si divide attraverso una serie di capitoli che privilegiano la discontinuità e la contraddizione: i segmenti del film sono delle false piste e il conseguimento dell’obbiettivo e decisamente fortuito. La sequenza iniziale in nero e le voci dell’ultimo saluto dei morti del WTC non sono mai perseguito da un analogo sforzo retorico. Il film denuncia un’unità di intenti latitante e la scarsa coesione delle forze messe in campo dalla CIA: il carrierismo e i calcoli di posizione accentuano l’isolamento dei funzionari volenterosi. La protagonista persevera nella sua indagine nonostante l’indifferenza e lo scettiscismo di tutti quelli che dovrebbero aiutarla. La sua stessa insistenza non ha lo scopo di una vendetta nazionale ma ha in contorni di una rivincita personale e di un disperato esorcismo dell’horror vacui. Kathryn Bigelow è abilissima a trasportare questa dispersione dello scopo sullo schermo: la messa in scena non abbraccia mai un’inquadratura onnicomprensiva e l’attacco finale dei navy seals boccia in partenza qualsiasi apologia militaresca. E’ così che il momento dell’esecuzione è addirittura limitato da una fugacità che rispetta la concitazione del momento: il film non ha interesse a mostrare la morte di Osama Bin Laden ma si attiene ai movimenti frenetici e al campo visivo parziale dei soldati che sono entrati dentro al compound pakistano in cui si nascondeva. La regista può rivendicare sicuramente la maternità di una nuova forma di rappresentazione della guerra contemporanea. La sua morte è una giustizia senza gloria perchè Jessica Chastain ha ottenuto il suo traguardo ma ha sacrificato tutto il resto e si ritrova da sola su un aereo che deve riportarla in una casa che non esiste più. La ricerca della vittoria l’ha condannata a non avere più una sua vita al di fuori dei dieci anni che ha passato ad inseguire lo sceicco del terrore.